di Giorgio di Perna
Mancano ormai 43 giorni alle elezioni, che tanto sono state evocate nel corso di tutta la legislatura: il 4 marzo prossimo, infatti, gli italiani torneranno alle urne per eleggere il nuovo Parlamento. Probabilmente qualcuno non condividerà il concetto e altri lo stravolgeranno, ma è così: in Italia i cittadini eleggono deputati e senatori, non il Presidente del Consiglio. Quest’ultimo, in base all’art. 92 della Costituzione e tenendo conto del risultato delle elezioni, è nominato dal Presidente della Repubblica.
Il c.d. Porcellum, la legge elettorale con la quale siamo andati al voto nel 2013, prevedeva l’obbligo per ciascuna forza politica di presentare, insieme ai simboli, anche il proprio programma e di indicare il proprio capo. La nuova legge elettorale no. Ma allora perché ci si ostina a mettere la firma sui simboli elettorali (o si svolgono consultazioni per scegliere il capo coalizione) se la legge non lo prevede? È il risultato di anni di cambiamento radicale del sistema politico: si è passati dalla centralità del partito, quindi da “l’unione fa la forza”, alla centralità dell’attore politico, quindi al “tutti per uno, uno per tutti”. C’è molto da riflettere sull’attuale situazione: conta più la persona o conta più il programma che viene presentato? Oggi per la maggior parte degli italiani, certamente, conta più la persona ed è anche per questo che sulla scheda elettorale troveremo diciture come “Liberi e Uguali con Pietro Grasso”, “Civica Popolare – Lorenzin”, “+Europa con Emma Bonino”, “Forza Italia – Berlusconi Presidente”, “Fratelli d’Italia – Giorgia Meloni”, “Lega – Salvini Premier” e sappiamo, anche se non è riportato sul simbolo, che il candidato del Partito Democratico è Renzi (in base all’art. 3 comma 1 dello statuto del partito) e quello del Movimento 5 Stelle è Di Maio (incoronato dalla consultazione on line dello scorso settembre).
Ma a cosa serve personalizzare se poi, quasi certamente, nessuno degli attuali “candidati presidenti” sarà il prossimo premier? Bisogna precisare, infatti, che il c.d. Rosatellum bis assegna la maggior parte dei seggi con un sistema proporzionale. Quindi, con molta probabilità, la sera del 4 marzo non avremo una maggioranza solida che possa esprimere un proprio candidato alla guida del governo. Ciò implica un’ulteriore fase di trattative su programmi e nomi, nomi che difficilmente saranno quelli sopracitati.