di Salvatore Venditti
11 Maggio 2016. Con 372 sì, 51 no e 99 astenuti, la Camera dei Deputati approva la cosiddetta “Legge Cirinnà”. Per la prima volta, in Italia, si legifera sul tema delle unioni civili. Dopo un iter travagliato, fatto di accesi scontri politici e sociali e importanti stralci al testo iniziale, come adesempio quello della “Stepchild Adoption”.
“È un giorno storico”, gridarono in coro Matteo Renzi e Monica Cirinnà, prima firmataria della legge, la quale si è battuta con anima e cuore durante tutti i passaggi. Il testo è stato promulgato nove giorni dopo dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Ma cosa prevede?
Regolamenta l’unione civile tra persone dello stesso sesso, che, di fronte ad un ufficiale di stato civile, stabiliscono diritti e doveri reciproci. Diritti e doveri che in gran parte sono simili al matrimonio tra eterosessuali. Le differenze principali sono sulla “Stepchild Adoption”, ovvero sulla possibilità di adottare il figlio del partner, e, l’obbligo di fedeltà, entrambi presenti nel testo originale ma eliminati dopo il voto in Senato e prima dell’approvazione definitiva.
Viene regolata la convivenza tra persone dello stesso sesso, con l’obbligo reciproco all’assistenza morale ed il diritto di decidere sulla salute del compagno o della compagna. Come per i matrimoni, rimane l’applicazione del codice civile su successione, reversibilità e comunione dei beni. Paradossalmente ci sono anche disposizioni più evolute rispetto al matrimonio: la possibilità di scegliere il cognome e la semplificazione della procedura di divorzio.
L’Italia arriva 27 anni dopo la prima regolamentazione sulle Unioni civili, avvenuta in Danimarca nel 1989 e a seguire tutti i Paesi occidentali che, in un modo o nell’altro, hanno legiferato sul tema. Un grave ritardo, che finalmente è stato colmato.
Come detto, l’iter parlamentare è stato travagliato, soprattutto a seguito delle proteste di associazioni e singole personalità contrarie all’applicazione del provvedimento, come se la legge togliesse loro qualche diritto.
Ovviamente il mondo LGBT ha accolto positivamente l’approvazione della legge, anche se restano alcune perplessità sullo stralcio delle adozioni. Ma sappiamo che la Politica è sintesi tra più idee e la senatrice Cirinnà è stata in grado di trovarla, dopo che per anni l’argomento era stato utilizzato solo ed esclusivamente per slogan elettorali, da una parte e dall’altra.
Questa norma è un buon punto di partenza; una vittoria per chi da anni sperava nel riconoscimento dei diritti LGBT. Un passo importante che non si poteva più rimandare: per troppi anni abbiamo assistito a giochi politici sulla pelle di migliaia di persone e ancora oggi, a pochi giorni dalle elezioni politiche 2018, c’è poca chiarezza sul riconoscimento dei diritti mancanti. Addirittura c’è chi vorrebbe tornare indietro, proponendo l’abolizione della “Legge Cirinnà”: già pensarlo sarebbe un clamoroso colpo basso alla democrazia, alla libertà, ai diritti; a maggior ragione visto che finalmente, dopo tanti anni e tanti ostacoli superati, si è arrivati ad emanare una legge sul tema. Mancano ancora dei passaggi fondamentali per poter parlare di matrimonio ugualitario, in primis l’adozione. Il mio augurio è che in futuro si possa legiferare anche su questo aspetto, per permettere alle “famiglie arcobaleno” di sentirsi a tutti gli effetti una Famiglia, dove La F maiuscola è chiaramente voluta.