Per chi non se ne fosse ancora reso conto domani saremo chiamati a dire la nostra: l’Unione europea, nata dal sogno – tutt’altro che concluso – di alcuni Stati continentali dopo i due conflitti mondiali, in questi giorni sta rinnovando i propri organi democratici.
Come ogni istituzione che si rispetti, l’Unione europea è in continua evoluzione e, mai come in questo momento, sono variegate le idee e le linee politiche per l’evoluzione del progetto nato a Ventotene. Nella storia di questo progetto sono iscritti i nostri nonni e i nostri bis nonni, i quali hanno combattuto o, addirittura, sono morti per difendere i confini di questa Europa che oggi non ha confini; ma è anche la storia di chi nasce oggi cittadino europeo, ignorando tutto ciò.
È per questi ultimi, per i nostri avi e per le nostre generazioni che domani abbiamo il dovere morale di recarci ai seggi e di votare i delegati al Parlamento di Strasburgo. Si tratta di un dovere civico e morale, ma anche di rispetto per chi ci ha preceduto e per chi ci seguirà sulla linea del tempo. A noi, però, il compito di decidere e di farlo in modo consapevole.
Il voto europeo è un voto politico in senso stretto, perché si vota per una visione. Sono passati i tempi in cui si chiedeva con timore reverenziale a chi fosse opportuno o giusto dare il voto. Oggi abbiamo il dovere e il potere di rendere quel voto vero e sincero. Per farlo dobbiamo approcciarci a quella matita con la forza con cui impugneremmo una spada o con la delicatezza di una piuma.
Il voto è una responsabilità che sarebbe ingiusto non cogliere. Non possiamo permettere che altri decidano al posto nostro: è giunto il momento di prendere in mano il nostro presente, il nostro futuro e di scrivere la nostra Europa. Per farlo dobbiamo votare chi è più vicino alle nostre sensibilità e ancora, andando al seggio, mettere la croce su un simbolo ed eventualmente scrivere dei nomi come preferenza.
Nessuno si sogni di dirci che Europa c’è all’orizzonte del nostro domani.