di Gianmarco di Manno
«Nel corso di questi anni la nostra Italia oltre alla pandemia ha vissuto e subito altre gravi sofferenze. La minaccia del terrorismo internazionale di matrice islamista, i gravi disastri per responsabilità umane, i terremoti, le alluvioni. I caduti, militari e civili, per il dovere. I tanti morti sul lavoro. Le donne vittime di violenza». Nel discorso di fine anno, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ripercorso solo alcune delle tappe di cui è stato protagonista. Per i padri costituenti sette anni rappresentano il periodo sufficientemente giusto per dare una direzione al Paese e, al tempo stesso, fare in modo che la carica di Capo dello Stato venga ricoperta da figure nuove. Non solo, ma il settennato permette un non allineamento con i cinque anni che rappresentano la naturale scadenza di una legislatura, così da evitare ogni sorta di condizionamento tra il dovuto scioglimento delle Camere in occasione delle elezioni Politiche ed il rinnovo della carica di Presidente della Repubblica.
L’ISTITUZIONE: Durata del mandato.
L’articolo 85 della Costituzione prevede che il Presidente della Repubblica sia eletto per sette anni. Il mandato, oltre che per la naturale scadenza, può essere interrotto per: dimissioni volontarie, morte, impedimento permanente dovuto a gravi malattie, colpevolezza sulla messa in stato d’accusa per reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione, decadenza per il venir meno di uno dei requisiti di eleggibilità.
Se le Camere sono sciolte o mancano meno di tre mesi al loro scioglimento, i poteri del Capo dello Stato sono prorogati fino all’elezione che dovrà aver luogo entro quindici giorni dall’insediamento delle nuove Camere.
Dei casi precedenti, tuttavia, si è assistito solamente a dimissioni volontarie.
Non essendovi divieto sul punto, inoltre, il Capo dello Stato è rieleggibile nella carica. Trenta giorni prima della scadenza del termine, il Presidente della Camera dei deputati, Roberto Fico, ha provveduto a convocare in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Le votazioni prenderanno il via il 24 gennaio e le operazioni di voto saranno profondamente influenzate dai limiti imposti dalla pandemia.
I PRESIDENTI: Segni, Leone, Napolitano.
Antonio Segni è stato il quarto Presidente della Repubblica italiana, in carica dal maggio 1962 al dicembre 1964. Tra i fondatori della Democrazia Cristiana, ha ricoperto numerosi incarichi di Governo. È stato rappresentante dell’ala conservatrice della Dc anche se, proprio sotto il suo mandato, è stato varato il primo governo di centro-sinistra della Repubblica italiana. Suo è stato l’invito a modificare la Costituzione per non permettere la immediata rieleggibilità del Capo dello Stato, proposta condivisa non molto tempo fa anche da Sergio Mattarella e che trova d’accordo molti osservatori i quali valutano come un unicum, nelle forme di governo parlamentari, la possibilità di una rielezione immediata del Presidente della Repubblica.
Giovanni Leone, sesto Capo di Stato dal 1971 al 1978, è stato politico e giurista. In seguito all’iscrizione al Partito Nazionale Fascista, necessaria per proseguire l’insegnamento, aderì alla Democrazia Cristiana, che rappresentò nell’Assemblea Costituente del 1946. L’elezione di Leone, con i 23 scrutini necessari a raggiungere la maggioranza, è stata la più lunga della storia repubblicana ed il suo risultato (51,4%) il più basso che si sia mai verificato. Leone è stato il primo presidente a ricorrere allo scioglimento anticipato delle camere.
Giorgio Napolitano è stato l’undicesimo Presidente della Repubblica italiana (2006-2015), nonché l’unico capo dello Stato a essere stato membro del Partito Comunista Italiano. Oltre ad innumerevoli ruoli di partito e di governo, ha curato, nel 2011, il delicato passaggio dall’esecutivo di Silvio Berlusconi a quello Mario Monti; l’impulso dato alle vicende dell’epoca, nonché le critiche mosse riguardo alle intercettazioni sulla trattativa Stato-mafia, gli sono valse l’appellativo di “Re Giorgio” da parte di alcuni media.
LE CURIOSITÀ: dimissioni anticipate e doppio mandato
Una curiosità che accomuna queste tre figure è sicuramente la durata dei loro mandati. La presidenza di Segni è durata due anni e mezzo, la seconda più breve nella storia della Repubblica Italiana dopo quella di Enrico De Nicola, probabilmente a causa delle sue condizioni fisiche: non è chiaro se l’animata discussione avuta con l’esponente socialdemocratico Giuseppe Saragat ed il presidente del Consiglio dei ministri Aldo Moro abbia inciso maggiormente da un punto di vista fisico o politico su tale scelta. Leone, invece, si dimise in anticipo di sei mesi rispetto alla naturale scadenza del mandato, complici, sicuramente, il pesante clima dell’uccisione di Moro e le campagne di stampa secondo cui sarebbe stato coinvolto nello scandalo Lockheed. Napolitano, diversamente dagli altri due, il 20 aprile 2013 è stato rieletto alla presidenza, divenendo il primo presidente della Repubblica Italiana – e al momento l’unico – a essere chiamato per un secondo mandato, oltre che il più anziano al momento dell’elezione nella storia repubblicana.