di Valerio Iannitti
Le modalità di elezione della massima carica dello Stato hanno quale obiettivo quello di scongiurare eventuali pericoli che potrebbero insorgere laddove il Presidente della Repubblica fosse direttamente eletto dal popolo come, ad esempio, il fatto che lo stesso potrebbe essere indotto ad intervenire direttamente nella direzione politica dello Stato come avviene nei sistemi presidenziali.
Il Presidente della Repubblica si pone, dunque, al di fuori dei tre poteri fondamentali (esecutivo, legislativo e giudiziario), esercitando le proprie attribuzioni come Capo dello Stato. Trattasi del cosiddetto potere presidenziale (o potere neutro), che non implica mai una partecipazione diretta dello stesso a tutte quelle attività di indirizzo politico.
Possiamo dunque definire il Capo dello Stato il rappresentante dell’unità nazionale, unità di cui è il simbolo.
L’ISTITUZIONE: i poteri del Presidente
Le attribuzioni
Ma quali sono i compiti del Presidente della Repubblica? Scopriamoli più nel dettaglio.
In relazione al potere legislativo ed alla relativa funzione, il Capo dello Stato:
- indice le elezioni delle Camere e può convocare ciascuna Camera in via straordinaria per uno specifico motivo; invia messaggi alle Camere; autorizza, con decreto, la presentazione alle Camere dei disegni di legge di origine governativa; può sciogliere una o entrambi i rami del Parlamento e indice i referendum abrogativi e costituzionali.
In relazione al potere esecutivo ed alla funzione amministrativa, il Presidente della Repubblica:
- nomina il presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri; accredita e riceve i rappresentanti diplomatici e ratifica i trattati internazionali, ove necessario previa autorizzazione delle Camere; inoltre ha il comando delle Forze armate e presiede il Consiglio supremo di difesa.
Infine, in relazione al potere giudiziario ed alla relativa funzione, la massima carica istituzionale italiana:
- presiede il Consiglio superiore della magistratura; nomina 5 giudici della Corte Costituzionale
Giuramento e durata del mandato
La carica di Presidente della Repubblica ha una durata di 7 anni e il settennato ha decorrenza a partire dal giorno in cui il soggetto eletto presta giuramento di fedeltà alla Repubblica nonché di osservanza della Costituzione. Tale momento così solenne avviene alla presenza del Parlamento in seduta comune.
La non responsabilità ed i rispettivi limiti
Come anticipato, il Capo dello Stato non ricopre un ruolo meramente politico nel corso del proprio mandato, con la conseguenza che lo stesso è politicamente non responsabile in via istituzionale. Da cosa deriva tale assenza di responsabilità di natura politica?
L’articolo 89 della Costituzione richiede la controfirma dei ministri proponenti in relazione agli atti presidenziali, con la relativa assunzione di responsabilità politica in capo a questi ultimi, in aderenza alla forma di governo parlamentare adottata in Italia. La suddetta controfirma, inoltre, costituisce un requisito di validità degli atti.
Tuttavia, occorre considerare anche un’altra forma di responsabilità. Parliamo infatti della cosiddetta responsabilità giuridica, disciplinata dall’articolo 90 della Costituzione. In particolare, è fatta salva la responsabilità, sia civile che penale, del Presidente della Repubblica nell’esercizio delle sue funzioni. Costituiscono delle eccezioni l’ipotesi di alto tradimento e quella di attentato alla Costituzione.
Messaggi e potere di esternazione
Come prima descritto, il Presidente della Repubblica può inviare messaggi alle Camere. Ma quale è la funzione di tali messaggi? In primo luogo, il Capo dello Stato può evidenziare e sollecitare l’attenzione su gravi necessità comuni o in relazione a determinate situazioni. Il tutto, nell’otticasuper partes propria di tale istituzione.
Tuttavia, in qualità di rappresentante della Repubblica italiana, anche il Presidente della Repubblica incontra dei limiti circa l’esternalizzazione del proprio pensiero al fine di evitare che questo possa sembrare come una condanna agli organi politici.
Ciò, tuttavia, non vuol dire che il Capo dello Stato rivesta un ruolo di mero “spettatore politico” ma i poteri ad esso attributi ne mettono in risalto la sua forza politica.
I PRESIDENTI: De Nicola e Cossiga
Nato nel 1877 a Napoli, Enrico de Nicola è stato il primo Capo dello Stato, eletto in maniera provvisoria dall’Assemblea Costituente il 28 giugno 1946 e rimasto in carica come tale fino al 31 dicembre 1947. Dal giorno seguente, infatti, ai sensi della prima disposizione transitoria e finale della Costituzione, divenne Presidente della Repubblica, in carica fino al 12 maggio seguente.
Laureatosi in giurisprudenza nel 1896 e successivamente insigne avvocato penalista, De Nicola può considerarsi, dal punto di vista dell’orientamento politico, un liberale giolittiano. Dopo due brevi esperienze governative nei governi Giolitti IV (1913-14) e Orlando (1919), si presentò alle elezioni del 1919 come capolista del Partito Democratico Costituzionale, formazione nata da una scissione a sinistra della corrente dei “Ministeriali” che faceva capo a Giolitti.
De Nicola fu eletto Presidente della Camera nel 1920 e poi nuovamente nel 1921, trovandosi in quel ruolo anche nel primo periodo fascista, fino allo scioglimento stesso della Camera nel gennaio del 1924.
Rimasto in ombra durante il “ventennio”, dopo le vicende relative alla seconda guerra mondiale e a seguito della sconfitta del fascismo, si impegnò per una soluzione del conflitto fra i partiti antifascisti e il sovrano per mezzo di un accordo sulla luogotenenza del principe Umberto. In seguito, fu chiamato nel 1945 nella Consulta Nazionale, dove presiedette la commissione Giustizia.
Al momento dell’elezione del Capo provvisorio dello Stato, i nomi principali che circolavano erano quelli di Vittorio Emanuele Orlando (Dc e partiti di destra) e quello di Benedetto Croce (sinistra). De Nicola fu l’elemento di sintesi prescelto, grazie anche all’opera di De Gasperi, come punto di equilibrio dei diversi principali orientamenti di un Paese che necessitava di essere ricostruito anche dal punto di vista psicologico. Sempre a fini di massimizzazione delle tendenze unificatrici, si tenne probabilmente conto anche del suo essere meridionale, a fronte di molti politici del nord, e di essere un monarchico, tenuto conto dell’esito del referendum istituzionale favorevole alla Repubblica. Fu eletto con 396 voti su 501 votanti e 573 aventi diritto.
Nel suo breve mandato, De Nicola ebbe modo di conferire l’incarico di governo al solo De Gasperi, e non nominò alcun Senatore a vita.
L’altro Presidente eletto al primo scrutinio è stato Francesco Cossiga. Nato a Sassari nel 1928, il “picconatore” è stato l’ottavo Capo dello Stato italiano, in carica dal 1985 al 1992.
Iscritto alla Democrazia Cristiana già a 17 anni, divenne deputato nel 1958. È stato M durante il periodo buio degli “anni di piombo”, nei governi Moro V, Andreotti III e Andreotti IV, dal 1976 al 1978, dimettendosi a seguito delle vicende legate al ritrovamento del cadavere di Aldo Moro.
Un anno dopo diventò Presidente del Consiglio, trovandosi in quel ruolo in concomitanza di un altro momento tragico della storia della Prima Repubblica: la strage di Ustica. Ha ricoperto l’incarico di Capo del Governo per due volte, anche se per breve durata (otto e sei mesi) e, successivamente, è stato eletto anche Presidente del Senato.
Nel 1985, con un’ampia maggioranza (752 su 977 votanti), è stato eletto Presidente della Repubblica con il consenso di Dc, Psi, Pci, Pri, Pli, Psdi e Sinistra Indipendente. Dopo i primi anni in cui ha svolto in modo “tradizionale” il suo ruolo, ha iniziato ad assumere un atteggiamento che lo ha fatto passare alla storia come il Presidente “picconatore”, poiché non ha risparmiato forti critiche alla classe politiche, con l’apice raggiunto probabilmente con il discorso di fine anno del 1991, il più breve della storia repubblicana. Si è dimesso il 25 aprile 1992, con due mesi di anticipo.
Di lì a breve, la strage di Capaci e l’omicidio di Paolo Borsellino, insieme allo scoppio di Tangentopoli già da febbraio, daranno vita a una nuova stagione repubblicana, nota come “Seconda Repubblica”.
LE CURIOSITÀ: le cariche e gli studi
Enrico De Nicola, avendo ricoperto anche il ruolo di presidente della Camera e del Senato (dall’aprile del 1951 al giugno del ’52) e quella di Presidente della Corte Costituzionale (dal gennaio 1956), ha di fatto ricoperto quattro delle cinque principali cariche dello Stato. Nel marzo del 1957 si dimise dalla Consulta, ritirandosi a vita privata.
Francesco Cossiga è stato una sorta di “studente prodigio”: infatti, ha conseguito la maturità classica con ben tre anni di anticipo, a 16 anni, laureandosi a soli 19 anni e mezzo in giurisprudenza; è stato, in seguito, docente di Diritto Costituzionale.