di Giorgio Di Perna
Capita raramente che, dopo una sconfitta elettorale a livello locale, il capo del governo nazionale rassegni le proprie dimissioni e convochi nuove elezioni. Eppure, il 29 maggio scorso, Pedro Sánchez – con un grande senso di responsabilità nei confronti degli spagnoli – ha avuto il coraggio di farlo.
La decisione è stata presa a seguito delle elezioni per il rinnovo dei parlamenti di dodici comunità autonome e delle amministrazioni municipali dei comuni spagnoli. Elezioni che hanno visto la grave sconfitta del Psoe, la forte affermazione del Pp, il successo dell’estrema destra di Vox, un notevole ridimensionamento di Unidas Podemos (Up) e la sparizione di Ciudadanos (Cs).
Come nella passata primavera, ma anche in questa calda estate, è impossibile ignorare il vento di destra che sta soffiando sul Vecchio Continente: il leader popolare Alberto Núñez Feijóo, subentrato all’opaco Pablo Casado, ha riportato in auge gli ex franchisti spostando più a destra le proprie politiche. Accanto al Partito Popolare – forte dell’amicizia, stima e sostegno della Presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni -, inoltre, continua a crescere nei sondaggi il partito di estrema destra Vox e il suo leader Santiago Abascal. Dall’altra parte dello scacchiere politico, a sinistra del Partito Socialista, è nata la scommessa politica di Yolanda Diaz (vice presidente del consiglio), Sumar.
I sondaggi, il vento di destra e il sostegno delle destre europee a Fejióo, e soprattutto ad Abascal, sembravano portare ad una vittoria schiacciante anche in Spagna. In questo scenario si è arrivati alle elezioni del 23 luglio scorso.
Dei risultati e dell’instabilità ne hanno parlato molti, quindi non siamo qui a commentare i risultati delle urne spagnole. Ci verrebbe da segnalare tre piccoli dettagli, piccolezze, che non sono poi così tanto piccoli:
- Seppur in calo rispetto alle precedenti elezioni generali, ha votato circa il 70% degli aventi diritto. In un’estate caldissima era difficile portare alle urne, in un solo giorno, sette spagnoli su dieci. Sarebbe molto importante interrogarsi, soprattutto da parte dei nostri partiti e movimenti politici, su cosa non funziona nel rapporto tra politica e cittadino: perché i cittadini italiani sentono “Roma” lontana? Probabilmente sentono lontani i temi trattati dalla politica nazionale, ma piccoli segnali incoraggianti stanno arrivando, soprattutto nella discussione tra minoranza e maggioranza sul salario minimo legale.
- La forza della leadership, empatica e coinvolgente, mai arrogante come in altri posti del mondo. Tutti i leader, soprattutto quelli dei quattro maggiori partiti, riescono a coinvolgere il più possibile i cittadini e non soltanto i militanti. Questa cosa, possiamo dirlo chiaramente, in Italia riesce a farlo – attualmente – soltanto la Presidente del Consiglio Meloni.
- In Spagna si è votato in un solo giorno e nessuno ha sollevato questioni e polemiche, come spesso accade in Italia quando si prova a fissare il giorno delle elezioni nella sola domenica. Ma, soprattutto, la velocità della macchina organizzativa del Ministero dell’Interno spagnolo: le urne sono state chiuse alle 20 e entro la mezzanotte vi erano già risultati certi. Possibile che in Italia bisogna aspettare almeno 24h per un risultato “certo”?
Per riavvicinare la Politica al cittadino, oltre ad una corretta formazione ed informazione, potrebbe essere un’idea ripartire da questi tre punti.