di Simone D’Adamo
Durante alcuni studi che ho svolto recentemente, mi sono imbattuto in varie figure che, attraverso un lavoro pratico e politico, hanno tentato di migliorare l’istruzione e l’educazione in Italia. Tra questi, mi ha colpito la figura di Giuseppe Lombardo Radice.
Questo pedagogista ha contributo negli anni 20, insieme a Giovanni Gentile, l’allora Ministro della Pubblica Istruzione del governo Mussolini, all’emanazione della nota riforma Gentile, che racchiudeva al suo interno una serie di atti normativi sulla riforma scolastica in Italia. Tale riforma imponeva una formazione classica e umanistica, come unico strumento di formazione per i futuri dirigenti fascisti. Infatti venne considerata, dallo stesso Mussolini, come la riforma “più fascista” che fosse mai stata fatta. A causa di questo modello di scuola autoritaria, la figura di Lombardo Radice è stata deformata dagli studiosi, etichettandolo in modo negativo nella storia della pedagogia italiana. Questo giudizio su Radice può essere definito errato in quanto i lavori più importanti e interessanti sono ben altri. Il pedagogista siciliano, oscurato dall’ombra del P.N.F., ha portato alla luce un tipo di didattica viva, nella quale integrava l’importanza della classe in cui si insegna, l’importanza degli strumenti che si hanno a disposizione, ma ciò che considerava veramente importante era la figura del maestro o della maestra. Ergo puntava sull’umanità degli insegnanti in quanto individui che si interessano della formazione dell’uomo in sé e non esclusivamente della modellazione di un contenitore di nozioni e di ideali anti-democratici (come lo erano invece i docenti fascisti). Da questi studi si può comprendere il vero volto di Lombardo Radice, un uomo che si interessava della gente e dei suoi problemi.
Una figura che dava peso alla comunità e ai suoi componenti. Una persona che nonostante alcuni errori di “valutazione” ha saputo dare un contributo verso quello che sarebbe stato il vademecum della formazione democratica e civile in Italia. Tuttavia, la sua iniziale e parziale adesione al fascismo, che successivamente al delitto Matteotti si è mutato in dissenso, ha mascherato tutto il suo operato a favore dell’ideologia fascista (valutazione totalmente errata), nascondendo un’eredità preziosa. Un’eredità che molti addetti ai lavori non sono stati in grado di cogliere, in quanto influenzati dai pregiudizi storici e dal distacco che porta con sé il fascismo. E’ sicuramente una scorrettezza nei confronti di Giuseppe Lombardo Radice, che studiosi e ben pensanti non dovevano assolutamente commettere e che invece hanno fatto volontariamente per paura di essere etichettati a loro volta sostenitori del regime fascista. Pregiudizio che continua ancora oggi nonostante siano passati molti anni. Questo episodio analogo ci fa comprendere che sentimenti come paura e pregiudizio altrui influiscano chiunque, dal semplice adolescente all’esimio e facoltoso studioso, e come questi sentimenti possano condizionare il servizio altrui. Oltre a ciò ci fa capire come l’ombra dell’ideologia fascista sia viva nel nostro paese e automaticamente temuta. In che modo? Rinnegando la sua “attuale” esistenza.
Un’idea di formazione didattica per nulla autoritaria, che ha trovato un seguito con i futuri studiosi come Ernesto Codignola, Bruno Ciari e molti altri che sono stati i fautori di un tipo d’insegnamento popolare e democratico. Un personaggio che va assolutamente rivisto sotto alcuni aspetti, che va rivalutato, partendo dal famoso detto “Non giudicare un libro dalla copertina”.