- Rapporto mondiale dell’UNESCO “Investire nella diversità culturale e nel dialogo interculturale”, 2009.
- “Quando Winston Churchill chiedeva gli Stati Uniti d’Europa”, in “Eunews”, 2016.
di Mariano Parisella e Salvatore Venditti
Il sogno di un’Europa unita è stato a lungo coltivato da politici e intellettuali, già molti anni prima che divenisse realtà.
Le rivalità politiche, economiche e sociali esistenti tra i Paesi europei costituirono, tuttavia, un ostacolo quasi insormontabile per la sua realizzazione. Almeno fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Alcuni ricorderanno, altri leggeranno sui libri di storia, il discorso di Winston Churchill, tenuto agli studenti dell’Università di Zurigo, in cui l’allora premier britannico invocò a gran voce la costituzione degli “Stati Uniti d’Europa” quale rimedio ai conflitti che, nel corso dei secoli, avevano insanguinato l’antico continente. Peraltro, tale considerazione trovò accoglimento anche nel celebre Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli.
L’esigenza di costituire gli “Stati Uniti d’Europa” affonda altresì le sue radici nella storia di questo nobile continente, che abbraccia le regioni più ricche della Terra, è la culla di tutte le grandi etnie del mondo occidentale ed è il luogo dove sono nate la fede cristiana, le arti, la filosofia e la scienza, nell’antichità come nei tempi moderni.
Di lì a poco, l’Italia, la Germania, la Francia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi e il Belgio diedero vita alla Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), che rappresentò, evidentemente, il primo mattone della grande casa che tutti oggi chiamano Unione Europea. Al momento, vi convivono 28 inquilini, vale a dire i Paesi “membri” dell’Unione, che perseguono all’unisono il libero scambio di beni e di persone, oltre che – soprattutto – l’integrazione delle rispettive e diverse culture.
A tale ultimo riguardo, vale la pena sottolineare che, probabilmente, non si è mai parlato tanto di “diversità culturale” quanto dall’inizio del XXI secolo e che l’opinione pubblica è oggi più che mai divisa sull’importanza che essa riveste nella società moderna.
Invero, sebbene da un lato alcuni ritengano che la diversità culturale sia in sé positiva, in quanto in grado di evocare la condivisione delle ricchezze custodite in ogni cultura del mondo, dall’altro v’è chi sostiene che le differenze culturali contribuiscono a smarrire il senso della comune umanità, divenendo una fonte di conflitti fra i popoli. Sfortunatamente, quest’ultimo orientamento non pare arrestare la propria ascesa, anche a causa dell’irrefrenabile globalizzazione, che ha moltiplicato i punti di contatto e di frizione tra le culture, intensificando gli attriti e le questioni identitarie.
Alla luce di ciò, la sfida principale cui sono chiamate le Istituzioni di tutto il mondo consiste nel proporre una visione coerente della diversità culturale, la quale, lungi dall’essere considerata una minaccia, possa invece essere percepita come una risorsa preziosa e un tesoro da preservare.
Ne sono fermamente convinti anche la prof.ssa Gina Antonetti dell’ITI “Pacinotti” di Fondi e tutto il team di insegnanti promotori dell’iniziativa “EuroWeek”, che si terrà nella cittadina del sud-pontino dal 16 al 23 aprile. “Il ruolo degli insegnanti – racconta la prof.ssa Antonetti – non può più limitarsi al mero trasferimento di conoscenze teoriche, ma è fondamentale infondere agli studenti un’educazione “europea”, improntata al rispetto delle altre culture e alla condivisione di idee ed esperienze”.
Rispetto, quindi, e non paura degli altri; condivisione ed integrazione e non, diversità. Questa sembrerebbe la direzione tracciata dalla scuola e alla quale è ispirata l’EuroWeek di Fondi, cui aderiranno ragazzi provenienti dagli istituti superiori della Germania, del Belgio e del Montenegro.
In Piazza S. Francesco saranno allestiti diversi padiglioni, rappresentativi dei Paesi europei aderenti all’iniziativa, e si esibiranno giovani band musicali. All’insegna del divertimento, dunque, gli studenti potranno dare sfogo alla propria curiosità intellettuale, dialogare con i propri coetanei e scoprire insieme i tratti caratteristici delle altre culture.
E alla fine, quando il momento giungerà di tornare alle proprie case, tutti sicuramente lo faranno con la consapevolezza di essere i futuri cittadini di un’Europa “unita”, non solo dai Trattati, ma dai valori portanti che accomunano un’unica civiltà, quella europea.
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